STORIA DELL'EDUCAZIONE FISICA
PREMESSE
La storia dell’attività fisica comincia praticamente con quella del genere umano. Fin dalla comparsa delle prime grandi civiltà, le attività ginniche e sportive hanno sempre avuto un ruolo importante. In epoca moderna lo sport è diventato un fenomeno di massa e ha apportato conseguenze rilevanti in campo economico, sociale ed educativo, assumendo dunque una valenza culturale sempre maggiore.
Proprio per questo, le scienze motorie e sportive vengono considerate fondamentali nell’ambito dell’istruzione e dell’educazione. La formazione culturale del genere umano, che si sviluppa in tutto il suo percorso storico, porta attualmente a delineare e assodare il meglio della conoscenza scientifica e umanistica. Le scienze motorie e sportive hanno il privilegio di comprenderle entrambe.
L’Educazione Fisica e Sportiva attraverso i secoli
Nella preistoria, il movimento era utilizzato soprattutto per la ricerca del cibo attraverso la caccia, per la sopravvivenza praticando la lotta, per la realizzazione di rituali individuali e collettivi espressi con la danza.
Ad oggi, attraverso bassorilievi,
affreschi e geroglifici, pervengono testimonianze della conoscenza degli Egiziani sulla plasticità delle forme. La loro attività motoria era svolta sia in un’attività educativa al fine di
rinforzare il corpo per scopi bellici, dove erano previste marce, salti, corse, lancio del dardo, andare a cavallo e sia in attività riguardanti lo svago e il passatempo come la danza.
In Grecia, l’educazione dello spirito e del corpo era svolta esclusivamente dai ceti privilegiati. Quando essi non si dedicavano alla caccia e alla guerra, si dedicavano ai giuochi che comprendevano attività come il tiro al disco, il giavellotto, il tiro con l’arco, il salto, il pugilato, la corsa a piedi e la corsa con i carri.
Le ricorrenze religiose e civili erano festeggiate tra le città greche disputando giochi ginnici, tra i quali i più celebrati furono i giochi olimpici (manifestazione quadriennale iniziata ad Olimpia nel 776 a.c) improntati all’incontro fra i popoli, per cui tutte le attività belliche venivano sospese un mese prima dell’apertura delle Olimpiadi
Nell’antica Roma, lo sport era molto praticato e diffuso. La concezione dello sport che avevano i romani era però completamente differente da quella dei greci.
La concezione dello sport nell’antica Roma era completamente diversa rispetto a quella della civiltà ellenica: la prima più legata allo spettacolo e al divertimento, la seconda invece alla spiritualità e alla gloria dell’atleta. Innanzitutto i Romani non tolleravano la nudità degli atleti greci e ritenevano le loro esibizioni prive di finalità pratiche, come l’addestramento militare. Inoltre lo sport presso i Romani veniva interpretato in forma cruenta e spettacolare. Se da una parte i poveri chiedevano da mangiare, dall’altra gli spettacoli, quali feste, giochi, celebrazioni, servivano a vincere la noia del popolo e a soffocare eventuali rivolte contro l’Impero.
Gli sport praticati a Roma comprendevano i giochi più violenti come il pugilato e la lotta ed in particolare il pancrazio, una variante del pugilato molto violenta e dalle conseguenze a volte fatali.
L’ideale greco, che rappresentava l’atleta come l’armonia fatta persona, era stato dunque sostituito da una figura, in Roma, del tutto diversa, più violenta e dall’aspetto sicuramente più sgraziato.
I ludi romani
I ludi romani divengono importanti per il controllo politico del popolo. Iinfatti, i candidati alle cariche pubbliche organizzavano a proprie spese spettacoli di combattimento fra gladiatori per rendersi popolari e ottenere l’elezione.
I gladiatori – perlopiù prigionieri di guerra, criminali e condannati a morte – cominciavano gli allenamenti sotto la guida di ex gladiatori. All’inizio si esercitavano con un manichino, poi incrementavano l’intensità e la difficoltà dell’allenamento, fino al giorno in cui erano pronti per entrare nell’arena. Se un gladiatore sconfitto aveva ben lottato, poteva essere graziato dall’imperatore che alzava il pollice verso l’alto, se invece si era mostrato vile, il pollice veniva voltato verso il basso e il vincitore lo uccideva tra il delirio della folla. Le ricompense erano alte e qualche volta veniva concessa al vincitore la spada di legno, simbolo del fatto che tornava ad essere un uomo libero e poteva vivere di rendita.
Il Medioevo
Dal crollo dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.) al tempo di Carlo Magno (intorno all’800), il peggioramento delle condizioni di vita e l’influenza del pensiero cristiano, sensibile prevalentemente ai valori dello spirito, pongono in secondo piano l’attenzione per le esigenze igieniche e ricreative del corpo. Tuttavia, dopo la frantumazione dell’impero carolingio e il conseguente aumento di potere da parte dei feudatari, si diffondono i tornei, vere e proprie guerre finte organizzate nel periodo invernale per mantenersi in allenamento. L’aristocrazia pratica la caccia e il combattimento cavalleresco (tornei e giostre), il popolo, in occasione di particolari festeggiamenti, si dedica ai giochi con la palla, ma le due classi sociali hanno in comune attività fisiche come il lancio della pietra e del giavellotto, la lotta, il salto in lungo e in alto, ecc. Nel Medioevo assistiamo alla scomparsa degli spettacoli atletici, ma comparvero i Giochi. Alcuni potevano essere svolti esclusivamente dai nobili, i tornei, le giostre, la caccia, mentre all’aristocrazia era permessa la lotta, il salto in alto e in lungo ed il lancio della pietra e dell’asta. I giochi non avevano uno scopo educativo, ma erano svolti per puro svago.
Nel Rinascimento viene ripreso il concetto della salute del corpo e della mente, mediante il movimento. Il movimento come fine educativo in questo periodo viene messo in evidenza da Vittorio da Feltre che istituisce un sistema di educazione fisica riservato solo ai nobili. Nel mondo cattolico questo compito era svolto dai Gesuiti, lo studio per lavorare l’intelletto degli allievi, il movimento attraverso giochi di movimento come corsa, pallacorda, pallamuro, per mantenere la loro salute fisica.
Lo sport contemporaneo
Professionismo e dilettantismo
Nel 1896, secondo lo spirito del barone De Coubertin, ai giochi olimpici potevano partecipare solo i dilettanti, ovvero coloro che praticano uno sport senza essere pagati. Questo principio si è scontrato nel tempo con la realtà di molti sport professionistici popolari. Infatti, con l’affinamento della tecnica e dell’allenamento, l’atleta non può svolgere la sua attività saltuariamente o solo nel tempo libero, ma deve dedicarvisi del tutto per migliorare la sua performance o per superare un record. Per questo motivo le Federazioni e lo Stato hanno cominciato ad aiutare gli atleti meritevoli con rimborsi spese o assumendoli nella pubblica amministrazione, al fine di corrispondere loro uno stipendio in cambio delle prestazioni sportive. Dunque non è più indispensabile essere dilettanti per partecipare ai giochi olimpici.
Lo sport come divertimento e spettacolo
Il tempo libero ha influito sul costume sportivo anzitutto ampliando il numero dei praticanti, non necessariamente a fini agonistici. Si pensi a tutti coloro che praticano un’attività di tipo sportivo in forme individuali (dal jogging e simili, alla corsa in bicicletta o alla discesa sugli sci) oppure partecipano alle manifestazioni non competitive, particolarmente frequenti nel campo della corsa podistica e del ciclismo amatoriale.