La corsa veloce
La corsa veloce si corre in rettilineo sulle piste di atletica, di lunghezza complessiva pari a 400 m (al bordo interno) e suddivise in 6 o 8 corsie, ognuna delle quali «occupata» da un atleta. Quelle dei 100, 200 e 400 m sono le distanze tipiche della corsa veloce, tutte effettuate con partenza dai blocchi dopo il classico colpo di pistola dato dallo starter. Se un atleta parte prima del colpo di pistola compie una falsa partenza ed è subito squalificato dalla gara.
A differenza della gara dei 100 m, che si corre in linea retta, quella dei 200 m prevede una curva, per questo i blocchi di partenza devono essere sfalsati per compensare lo svantaggio delle corsie esterne.
Scopo della corsa veloce è percorrere una distanza nel minor tempo possibile. Rispetto alla corsa di resistenza, nella corsa veloce variano:
Per quanto concerne la spinta, nella corsa veloce gli arti inferiori al contatto con il terreno devono restituire una quantità di energia che permetta la massima accelerazione nella fase di avanzamento. La maggiore ampiezza dei passi, oltre che a percorrere una distanza più lunga, serve a portare il ginocchio in posizione più avanzata: questa posizione permette di sfruttare tutta la potenza dei muscoli dell’arto inferiore; così facendo i muscoli della coscia, con una maggiore estensione sull’anca, danno più potenza al movimento. Questa massima espressione di velocità può essere mantenuta per tempi relativamente brevi (non più di 50 m in 6-8 secondi), dopodiché si ha di norma una leggera decelerazione.
La maggior frequenza dei passi permette di percorrere più strada in minor tempo. Per una corretta esecuzione tecnica, nella corsa veloce hanno particolare importanza la posizione del busto, che deve essere leggermente inclinato in avanti (ma non troppo), e l’azione coordinata e sciolta delle braccia, con le spalle morbide.
Nell’espressione di corsa veloce, per la fase di accelerazione e la fase intermedia il muscolo trae energia da ATP e PC (processo anaerobico alattacido); mentre per la fase finale, esaurito questo tipo di energia, interviene il meccanismo che ricarica l’ATP, anch’esso senza l’ossigeno, ma con la formazione di acido lattico (processo anaerobico lattacido). In altre parole, l’atleta utilizza l’energia già accumulata nei muscoli senza che intervenga quel processo di ricambio energetico che l’ossigeno inspirato apporta alla muscolatura.
Per sfruttare le potenzialità dei sistemi muscolare e nervoso, assume un’importanza particolare l’adrenalina, ormone prodotto dalle ghiandole surrenali che ha la funzione di predisporre l’organismo ad affrontare situazioni di emergenza sul piano fisico ed emotivo. Dovendo mettere in funzione, simultaneamente, tutte le fibre muscolari, il sistema nervoso sarà sollecitato al massimo e anche dalla sua velocità di reazione e di controllo neuromuscolare dipenderà la performance dell’atleta.
Partenza dai blocchi
Come già accennato, i blocchi di partenza si utilizzano per tutte le gare fino ai 400 m inclusi (compresa la prima frazione della 4 x 100 m e della 4 x 400 m) e non devono essere impiegati in nessun’altra gara di corsa. Quando sono in posizione sulla pista, nessuna parte dei blocchi può oltrepassare la linea di partenza o invadere un’altra corsia.
I blocchi devono essere costituiti interamente da materiale rigido e non devono fornire agli atleti vantaggi illeciti, inoltre devono essere fissati alla pista senza però danneggiarne il fondo. Grazie ai blocchi, il velocista nell’istante del «via!» viene a trovarsi in una condizione di maggiore stabilità sugli appoggi rispetto a una partenza da «in piedi».
Alla partenza l’atleta assume una posizione raccolta e, in avvio, con il busto inclinato in avanti, cerca d’imprimere al proprio movimento una forte accelerazione. Con l’aumentare della velocità diminuiscono i tempi di spinta e aumentano quelli di volo. Nell’immagine proposta di seguito, analizziamo le fasi della partenza dai blocchi.